martedì 27 ottobre 2009

SILVER RING

- Cazzo! ma ti rendi conto? Ci saranno almeno venti colazioni tra cui scegliere!

- E dai, non cambiare discorso, porca troia; e poi dai un’occhiata anche all’altra colonna…

Louis era seduto di fronte a Tom, gli occhi puntati sul menu e un’espressione accigliata. Ce l’aveva con il fratello, che lo aveva voluto portare in quel posto assurdo.

- Cosa?

- I prezzi, Cristo: quindici dollari per un piatto di pan cakes!

Non che non potessero permetterselo, ma Louis aveva fatto ben altri progetti su come spendere i loro soldi. Al bar del college aveva sentito i ragazzi dell’ultimo anno che parlavano dei night club di China Town, dove al costo di poco più di due piatti di fottute frittelle con sciroppo d’acero avrebbero potuto spassarsela con una ragazzina orientale per un’ora.

Non riusciva ancora a capacitarsi di come aveva potuto farsi convincere dal fratello a viaggiare fin lì in treno. Aveva dolore alla schiena per aver dormito in quelle cuccette troppo piccole. Ed era ancora più stupito dal fatto che Tom non si lamentasse affatto di quel viaggio allucinante (erano alti tutti e due più di un metro e novanta) anzi ne sembrava uscito rinvigorito.

Incalzò ancora il fratello:

- … allora ti decidi o devo tagliarti il dito?

- Ma si può sapere che vuoi?

- Ho detto, ti decidi a toglierti quel cazzo di anello?

- Ancora con questa storia? Ti ho detto che non me lo tolgo fin quando…

- Fin quando cosa? Dove cazzo credi che stiamo ora? Vedi delle hostess per caso?

- E dai, non rompere…

Ora Louis cominciava ad essere davvero seccato dalla cocciutaggine del fratello; forse questo era uno dei pochi aspetti in cui erano davvero dissimili. Per il resto non sarebbe stato facile distinguerli nemmeno a studiarli con la lente d’ingrandimento. Erano praticamente identici; lo erano stati fin dalla loro infanzia.

Non che a Louis non facesse piacere: il fatto di avere un fratello gemello come Tom aveva portato ad entrambi più vantaggi che problemi. Soprattutto si compiaceva del fatto che poteva scoparsi le ragazze che Tom rimorchiava e doveva studiare solo la metà delle materie scolastiche: tutto ciò, naturalmente, valeva anche per il gemello.

Ma ora Louis era dispiaciuto e risentito poiché stava scoprendo un aspetto nuovo di Tom: era superstizioso!

Quando il cameriere venne a prendere le ordinazioni non credeva ai suoi occhi: gli sembrava che qualcuno avesse piazzato uno specchio proprio al centro del tavolo; non sapeva quale fosse il cliente in carne ed ossa e quale l’immagine riflessa.

Louis e Tom non avevano deciso ancora cosa prendere. Chiesero due caffè e del succo d’arancia a quel buffo ragazzotto dall’aria stralunata, chiuso in un’uniforme troppo piccola per lui, che continuava a far rimbalzare le orbite dall’uno all’altro, come se stesse seguendo una partita di tennis.

Quando finalmente il cameriere si allontanò, Louis tornò all’attacco del fratello, deciso ad arrivare a fondo a quella merdosa faccenda.

- Adesso sono stufo, cazzo. Ma ti rendi conto dell’assurdità di questa storia? Cristo, lo sai il casino che ho dovuto piantare per farci dare cinque giorni di riposo subito prima dell’inizio della nuova stagione? Il coach era incazzato come una vipera: continuava a sbraitare che non potevamo assentarci tutti e due insieme; non so come si e’ bevuto la storia di nostra nonna ricoverata, ma di certo dubita fortemente che abbiamo parenti in questa città.

- Me ne fotto di quello che pensa il coach. Lo sanno tutti che l’anno scorso i Raiders hanno vinto il titolo grazie a noi due: avevamo diritto a questa vacanza!

Tom adesso cominciava a scaldarsi e questo rese Louis ancora più furioso.

- Ma porca troia! E’ quello che dico anche io! Riusciamo ad avere cinque giorni off e tu che fai? Ne sprechi due per andare e tornare in treno anziché in aereo solo perché quella vecchia puttana di chiromante ti fa una “profezia”?

Louis si rese conto che aveva alzato troppo la voce: i clienti dei tavoli accanto avevano smesso di mangiare e li stavano fissando con facce indignate.

I gemelli usarono immediatamente ed in perfetta sincronia la loro arma segreta: con aria innocente regalarono a tutti uno dei loro accattivanti sorrisi a trentadue denti. Tanto bastò per riportare la situazione alla normalità.

Poi Tom si rivolse al fratello con aria più tranquilla e con un tono alquanto persuasivo. Disse:

- Senti Louis, sò che tu non credi a queste cose, ma ti prego: non farmela pesare più di tanto. D’altra parte siamo già qui. Lo so, saremmo potuti arrivare ieri se avessimo viaggiato in aereo, ma non me la sono proprio sentita. Cristo tu non c’eri nel suo tendone: avresti dovuto vedere i suoi occhi. Erano sinceramente pieni di terrore quando ha letto la mia mano.

Louis non voleva rassegnarsi. Era incazzato con se stesso per aver seguito Tom in quel viaggio in treno. E la sua stizza cresceva se ripensava alla notte insonne, all’arrivo alla Gran Central Station alle cinque e trenta, alla breve passeggiata in Central Park, a quell’ora popolato solo da barboni e cani randagi, alla sciocca idea del gemello di andare a far colazione in uno dei ristoranti più costosi di quell’incredibile isola.

- Si, me l’avrai raccontato cento volte. Io ho accettato di venire nella Grande Mela in treno, ma ora siamo qui, sani e salvi. Ho fame e vorrei ordinare. E voglio che ti tolga quel dannato anello dal dito.

- Ma non hai capito? La veggente ha detto che fin quando lo porto indosso non avrò nulla da temere. Ascolta Louis, ti sei chiesto come faceva a sapere che ho un gemello? Quella sera tu eri sulla ruota panoramica con Cindy, dall’altra parte del Luna Park. Io sono entrato subito nel tendone della veggente, e sono certo che lei non ti ha visto. Ricordo ancora le sue parole: ha detto che vedeva due gemelli in una grande città, vedeva un immane incidente aereo, vedeva morte e distruzione…

Louis non ce la faceva proprio più:

- Si, e Mickey Mouse non lo vedeva? Cazzo Tom! Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Sturati le orecchie ora. Me ne frego di quel che dice la tua fottutissima Cassandra; l’epoca delle streghe è finita da un pezzo: è l’undici settembre del duemilauno; siamo nella fottuta Manhattan, nel fottutissimo ristorante del centosettesimo piano dello strafottutissimo World Trade Center. Ho fame e vorrei mangiare un chilo di bacon con uova. Ma prima devi toglierti quell’anello, altrimenti ti giuro che te lo strappo insieme alla mano!

Tom si arrese solo dopo aver scrutato a fondo lo sguardo fermo e deciso di Louis. Faticò a sfilarsi l’anello: non era abituato a portarne ed il dito mignolo gli si era leggermente gonfiato.

Fu forse per quello sforzo che non si accorse di un sibilo che diventava sempre più forte ed acuto.

- Ecco fatto.

Disse, poggiando l’anello sulla tovaglia.

- Sarai contento ora, testone! Ehi, Louis?

Ma Louis non lo stava neanche ascoltando: come tutti gli altri clienti del ristorante stava guardando fuori dalle enormi vetrate, e nei suoi occhi l’orrore era misto all’incredulità.

Quattro settimane dopo, il piccolo Jack, figlio del vice-capo dei vigili del fuoco del dipartimento di New York, ottenne il permesso di andare con il padre per l’ormai consueta visita di sopralluogo alle rovine delle torri gemelle. Il pericolo di altri crolli era ormai scongiurato e d’altra parte le zone ancora pericolanti erano ben circondate da cordoni di sicurezza della polizia e della guardia nazionale.

Jack aveva solo sei anni e sembrava quasi divertito dal persistente sgomento degli adulti, quando si avvicinavano nel luogo dove era sorto il World Trade Center, ribattezzato con l’ormai tristemente famoso appellativo di “Ground Zero”. Del resto lui non si era ancora abituato a vedere le torri stagliarsi a quattrocentocinquanta metri di altezza, né aveva mai inviato a parenti o amici cartoline dello Skyline di New York.

Rimase ad aspettare il papà due passi fuori dai nastri gialli vigilati da poliziotti, che a Jack dovevano sembrare alti proprio come le torri scomparse.

Mentre con lo sguardo seguiva il padre che andava a parlare con un buffo omino in giacca e cravatta, con il viso coperto da una mascherina bianca, la sua attenzione fu attratta da uno scintillio a pochi metri da lui. L’enorme poliziotto gli voltava le spalle. Con l’agilità derivante dai suoi sei anni, si infilò sotto una trave d’acciaio alta almeno quanto lui e si chinò a raccogliere quello strano oggetto, cacciandoselo in tasca senza neanche vedere cosa fosse. Poi corse di nuovo in macchina, dove pochi minuti più tardi fu raggiunto dal padre.

Era contento di tornare a casa per due motivi. In primo luogo erano bastati pochi secondi fuori dall’auto per fargli venire la nausea: quella puzza dolciastra e pungente era davvero insopportabile. Inoltre aveva trovato un piccolo tesoro. Era sicuro che una volta che avesse lavato e ripulito bene quel cerchietto d’argento avrebbe potuto regalarlo al suo gemello Kevin.

Nessun commento:

Posta un commento