venerdì 30 ottobre 2009

LA CONSEGNA SBAGLIATA


- Mademoiselle Mérot, lei è proprio un’inetta!

Il caporeparto continuava a girare nervosamente per l’ufficio, sigaretta in bocca, avvolto in una nuvola di fumo e con le mani giunte dietro la schiena.

- Come si fa? Come è possibile commettere un errore del genere!

Continuava a sbraitare, senza rivolgerle lo sguardo, mentre lei nel frattempo si era fatta piccola piccola nella sua sedia e non osava nemmeno fiatare. Aveva gli occhi pieni di lacrime e sapeva che i rimproveri del suo superiore, per quanto duri e anche privi di rispetto, erano dopo tutto meritati: l’aveva proprio combinata grossa!

- Comunque questa storia non finisce qui. Sappia che ho informato il Direttore in persona e credo che oggi stesso lei verrà chiamata di sotto a parlare con lui.

- D’accordo Monsieur Palais, come vuole lei, mi rendo conto che…

- Lei si rende conto? No! Lei non si rende conto proprio di un bel niente! Neanche si immagina le conseguenze che il suo errore comporterà. Una consegna in ritardo è un conto, insomma può capitare in una grande città come questa, ma una consegna errata no. Uno scambio di persona è davvero troppo!

- Mi scusi, non ho parole, davvero io… io…

Per l’ennesima volta in quel giorno si ritrovò a piangere lacrime più amare del fiele, figlie di una disperazione genuina e sentita, di un errore al quale non avrebbe più potuto porre rimedio. E mentre piangeva si domandava ancora una volta come aveva potuto essere stata tanto sprovveduta.

Era convinta, tuttavia, che in pochissimi o forse addirittura nessuno dei suoi colleghi poteva realmente capire la sua posizione. Il suo era un lavoro duro, ricco si di soddisfazioni ma di grande responsabilità e nel quale non si poteva sbagliare mai. Il fatto che ora si trovasse chiamata a rapporto nell’ufficio di Monsieur Palais, per aver commesso il primo errore da quando era arrivata, ne era la prova tangibile.

- Le statistiche! Le statistiche di questo reparto ormai sono andate a puttane! Guardi questo tabulato: il suo è il primo errore dal 2001. Una media di 2,000 consegne mensili negli ultimi cinque anni. Ventinovemilacinquecentotrentasei consegne solo lo scorso anno. Otto anni che non si commetteva un errore! Il nostro dipartimento è, anzi ora grazie a lei “era” il fiore all’occhiello di tutta la dannata baracca!

Palais era un fiume in piena che la stava ormai travolgendo. Non cercava neanche di controbattere poiché si rendeva conto che il suo capo era in preda ad un attacco isterico, se non fosse che l’isterismo è una patologia prettamente femminile. E mentre faceva questo pensiero si fece scappare un mezzo sorriso che per fortuna passò inosservato al suo superiore, che le voltava le spalle, immerso nei suoi tabulati.

In quell’istante si aprì la porta ed entrò la segretaria di Palais

- Signore, ho l’ufficio del Direttore in linea: mi dicono che vuole parlare con Mademoiselle Mérot.

A quelle parole le si gelò il sangue nelle vene. Palais non scherzava: quel maiale aveva davvero fatto rapporto al grande capo, che di li a poco l’avrebbe ricevuta a colloquio per la prima volta.

- Bene bene! Vada signorina, vada e… buona fortuna!

Disse con un ché di malvagità mentre sogghignava sotto i baffi, la fronte imperlata di sudore e tutto paonazzo per lo sforzo di trattenersi.

“Che stronzo” penso tra sé e sé alzandosi ed uscendo dal quell’ufficio.

L’ascensore scendeva fin troppo velocemente; lei teneva gli occhi puntati sul display, cercando di visualizzare gli uffici che si trovavano ai vari piani che passava ed i colleghi che vi lavoravano. In effetti non è che conoscesse molta gente, malgrado quasi due anni di servizio, ma d’altro canto andava sempre di fretta e passava la maggior parte del suo tempo in città, tra una consegna e l’altra, per tornare in ufficio solo in tarda serata a riempire i moduli per il Controllo Qualità, prima di tornare a casa.

Poi il suo pensiero andò al Grande Capo. Ricordava di averlo incrociato in una sola occasione, circa un anno prima, accanto alla Reception. L’incontro, per quanto fugace, era stato a dir poco imbarazzante. Lei come al solito andava di fretta poiché quel giorno aveva molte consegne e poco prima di uscire dalla sede era dovuta correre nel bagno accanto alla Reception per un impellente bisogno dell’ultimo momento.

Uscendo dal bagno si era quasi scontrata con un uomo, alto circa dieci centimetri più di lei (e sì che lei era 1.75 senza tacchi), brizzolato, di bell’aspetto, elegantissimo e con uno sguardo così profondo che la fece sentire quasi nuda. Dopo un attimo di esitazione si rese conto che nella fretta aveva dimenticato di tirare su la zip dei pantaloni, lasciando intravedere il suo slip di raso nero, ed era proprio quello che lo sconosciuto stava fissando, con evidente desiderio! Lei lo aveva fulminato con gli occhi, per quanto la sua debole posizione glie lo consentisse, ed era sfilata sulla destra, diretta verso l’uscita. Una folta fuori dall’edificio si era voltata indietro, accorgendosi che l’uomo la stava ancora guardando, con un sorriso divertito stampato sulla faccia che non si preoccupava neanche di nascondere.

Solo qualche settimana più tardi, sfogliando un rivista del settore, riconobbe nel suo avventore il Direttore Generale della società, Monsieur Jean Violado, di chiare origini spagnole (aveva letto che la madre era di Siviglia) ma cresciuto nel sud della Francia e trasferitosi a Parigi da diversi anni.

Le porte dell’ascensore si aprirono e l’impeccabile fattorino la indirizzò verso la scrivania della segretaria del capo, che la stava già attendendo con impazienza.

- Mademoiselle Mérot, suppongo.

- Si, sono io

- Presto, il Direttore la sta aspettando.

Cominciò a sentirsi le gambe molli, sudava abbondantemente ed aveva la gola secca. Si fece forza ed entrò oltre la porta che la segretaria aveva aperto per lei, indicandole la strada con un chiaro gesto del braccio.

Entrata nell’ufficio, fu accolta da una luce tenue e soffusa, una strana melodia in sottofondo aumentava la sua agitazione interiore. Un intenso odore di fumo di sigaro arrivò alle sue narici. La sala era, neanche a dirlo, enorme ed impeccabile. Non era un’esperta di arte ma da una rapida occhiata alle pareti rivestite in mogano le sembrò di scorgere un Caravaggio. La scrivania aveva un enorme piano in cristallo, molti fogli sparsi, una stilografica Montblanc in oro massiccio che Violado usava per firmare i suoi contratti e l’interfono per comunicare con la segretaria.

La poltrona di pelle era rivolta con lo schienale verso la porta, e dalla spalliera si alzavano copiose volute di fumo; l’uomo fece roteare lentamente la poltrona e le si rivelò tenendo nella sinistra un cubano e nella destra un bicchiere di brandy.

- Salve Mademoiselle Mérot, si accomodi pure.

- Buongiorno Signor Direttore, grazie.

Avanzò con passo incerto e si sedette in punta ad una delle due eleganti sedie per gli ospiti. Decise di prendere la parola ed esordì, per la verità un po’ incerta.

- Ehm, Signore, non trovo le parole per esprimerle il mio dispiacere per l’errore che ho commesso. So che è una cosa imperdonabile e non ho giustificazioni. Sono pronta ad assumermi tutta la responsabilità di quanto è avvenuto ed a pagarne le conseguenze. Monsieur Palais mi ha spiegato che…

- Ah, Palais. Sono sicuro che le avrà sciorinato la storia delle statistiche, del fatto che abbiamo un record di consegne eseguite con successo che è praticamente imbattuto da non so quanti anni, e via dicendo.

- Ehm, veramente è proprio così

Violado si mostrò accondiscendente.

- Senta signorina, mi spieghi come è andata ieri, le va?

- Certo Signor Direttore.

Ripercorse con la mente i fatti del giorno prima e li espose il più chiaramente possibile al suo capo.

- Ieri dovevo effettuare 18 consegne; a dire il vero ero già un po’ in ritardo e per di più dovevo muovermi con i mezzi pubblici poiché il mio scooter è in officina per la revisione. A metà mattinata avevo fatto solo 4 consegne e all’ora di pranzo, che ho saltato completamente, ero arrivata a quota 7. Come se non bastasse, avevo perduto nel metrò il foglio con la scaletta delle consegne ed avevo continuato per quasi tutto il giorno a saltare da un parte all’altra della città, maledicendomi per la mia stupidità.

- Insomma, una giornata nata male e finita peggio

Intervenne il direttore, che sembrava divertito da quell’inaspettato racconto ricco di particolari

- Proprio così. Per giunta mi ero accorta che le ultime due consegne erano praticamente dalla parte opposta della città. Dovevo farne una a Rue de la Convention e l’ultima al parco della Villette.

- Come, proprio nel parco?

- Si Signor Direttore, l’ultima era esattamente nel parco alle 18:35 sotto la Géode.

- Capisco.

- Sono arrivata in Rue de la Convention alle 17:58. La consegna era fissata per le 17:51 ed ero già in ritardo di sette minuti. Il destinatario era un certo Monsieur Alexandre Perche, al numero 122.

- Si si, conosco quella zona: c’è un ottimo ristorantino sull’angolo con via Bocquillon.

- Esatto, il B121. Bene, l’ingresso del 122 è dall’altra parte della strada, tra una piccola boutique per la ricostruzione delle unghie ed un grande negozio di fiori.

- Monceau Fleurs, se non erro.

- Per l’appunto.

Era ammirata per la conoscenza che il Direttore Violado aveva non solo delle vie, ma persino dei negozi di quella enorme città. Tuttavia ripensando alla fama di dongiovanni che aveva l’importante uomo seduto di fronte a lei, trovò naturale che lui sapesse dove poter comprare dei fiori per una bella signora e dove poterla invitare a cena per stupirla con un piatto di escargot alla bourguignonne ed un calice di Chateau Latour.

- Sono arrivata di corsa, sul citofono ho rintracciato il nome Perche, e ho visto che abitavano al quinto piano. Ho imboccato l’ingresso e mi sono accorta che non c’era ascensore! Ormai non avevo neanche più voglia di imprecare, e mentre salivo le scale a due a due ho ricontrollato velocemente il nome del destinatario sul “delivery slip”. Arrivata al quinto piano, ho suonato il campanello dei Perche ed ho cercato di riprendere fiato. Con sorpresa mi ha aperto un bimbo di sette o otto anni. Questa cosa mi ha presa un po’ alla sprovvista. Gli ho chiesto se ci fosse il papà in casa e lui mi ha risposto che era solo con il nonno; poi è sparito lasciandomi sull’uscio ed ho sentito che correva in corridoio chiamando il nonno.

- Continui, la prego

Il Direttore era davvero interessato dal racconto degli avvenimenti del giorno prima. Si alzò ed andò al mobile bar; prese una bottiglia di cristallo e si versò dell’altro liquore.

- Quando l’uomo è comparso gli ho chiesto se fosse Alexandre Perche. Mi ha risposto di si, così mi sono presentata ed ho effettuato la consegna, per la verità anche in maniera un po’ brusca, ma date le circostante non sono stata a badare ai convenevoli. Erano esattamente le 18:04. Una volta in strada, mi sono diretta di corsa verso la fermata Bouciacut della linea 8, poi ho cambiato all’Opera ed ho preso la linea 7 fino a Corentin Cariou, da dove mi sono precipitata al mio ultimo incontro. Sono riuscita ad arrivare quasi in orario, ehm veramente con un paio di minuti di ritardo, ma ho comunque potuto effettuare anche l’ultima consegna. Dopodiché ho ripreso la metro fino in ufficio, ho riempito come al solito il delivery report con le generalità dei destinatari e sono andata a casa. Stamattina appena ho messo piede in ufficio, Monsieur Palais mi ha aggredi… ehm… riferito che avevo sbagliato persona.

Violado la scrutava dalla testa ai piedi con estrema attenzione, i gomiti poggiati sui braccioli della poltrona e le gambe accavallate.

- Sa, devo dirle che quando mi hanno informato dell’accaduto (e guardi che io l’ho saputo prima di lei, stanotte all’una e mezza) mi sono un po’…ehm… arrabbiato, se mi passa il termine. Tuttavia ora che mi ha spiegato come sono andati i fatti, considerando tutte le difficoltà del caso e la peculiarità delle circostanze, non da ultimo il caso di omonimia tra i due potenziali destinatari…

- In effetti Signor Direttore, se posso permettermi, è stato tutto l’insieme di circostanze che ha causato il mio imperdonabile errore. Il fatto che fossi in ritardo ed in affanno mi ha distratta. Se almeno avessi controllato l’età del destinatario, oltre che il nome, non avrei avuto dubbi; ma come potevo immaginare che si trattasse proprio del nipote? Voglio dire, è un bimbo di otto anni al massimo.

L’uomo si sporse verso di lei, fissandola negli occhi. Poi le rivolse queste parole, parlando lentamente e a voce bassa.

- Senta Madeomoiselle Mérot, entrambi sappiamo che il suo lavoro è duro e non permette distrazioni, entrambi sappiamo che le conseguenze di un errore come quello che lei ha commesso ieri sono gravi e penose per molti (e non mi riferisco a quel topo da biblioteca di Palais, la sù…), ma come dico sempre “chi mangia fa briciole”. Io sono una persona ragionevole e sono sicuro che lei ha capito di aver commesso una… leggerezza, chiamiamola così. Quindi ritengo di poter in qualche modo sistemare questa faccenda.

- Ohhh, grazie mille Signor Violado, lei non sa quanto le sono riconoscente.

- Magari in cambio lei potrebbe accettare un mio invito a cena, diciamo stasera?

Quella sfacciataggine la indispettiva e la fece arrossire, ma ormai non aveva alternative.

- Ehm..certo Signore, con piacere.

Si alzò e si diresse verso la porta, seguita a breve distanza dal suo Direttore Generale. Arrivata alla porta afferrò il pomello ma non lo fece ruotare. Prima di andar via aveva un’ultima domanda da rivolgere a Violado.

- Signore mi perdoni. Ma come la mettiamo con le persone che ho confuso?

L’uomo rispose con un inconfondibile scintillio negli occhi di un giallo quasi fosforescente.

- Non si preoccupi. Il vecchio era comunque in lista d'attesa, avrebbe dovuto incontrarlo tra tre mesi: diciamo che si è... avvantaggiata nel lavoro. Quanto al vero destinatario della sua "consegna", il piccolo Alexandre Perche, ho già fatto sistemare la pratica dal mio fattorino personale. Vede, il bimbo purtroppo la scorsa notte è rimasto strangolato da una delle sue biglie di vetro.

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